Storia di Sara

Stagione 1, Episodio 2

…”Cogito, ergo sum !” … Quando m’imbattei in questa frase (avevo circa 15 anni) la feci mia, usandola come fondamenta delle mie future certezze! Era rassicurante e tutto filò liscio, finché …nel mezzo del cammin di nostra vita…non inciampai in un acronimo…LGS Lennox – Gastaut – Sindrome… La mia (nostra) secondogenita (fino ad allora sana, vivace, curiosa come sua sorella) ne era affetta!!!

Doc: …una malattia rara … mica possono essere tutte diffuse
Doc: …non c’è cura …ma la ricerca, sì
Doc: …dovrà indossare un caschetto, sa per ridurre i danni dovuti alle frequenti e rovinose cadute … OK..
Doc: …sta perdendo autonomia sulle funzioni fisiologiche … in qualche modo faremo, gli ausili ci sono, poi è una condizione temporanea, prima che diventi grande, la ricerca avrà trovato una soluzione anche a questo!
Doc: …probabilmente non imparerà a scrivere … poco male, ci sono certi asini in giro…pensai
Doc: … non sarà in grado di leggere … lo farò io per lei, sarà bello! In futuro potrà usare quei sistemi di lettura computerizzata
Doc: …e ammesso che ci riesca non ne capirà il senso

Della diagnosi (arrivata dopo varie peregrinazioni già raccontate) comunicataci con tatto e realistica sobrietà, non riuscivo ad afferrare null’altro che la futura e permanente incapacità di nostra figlia a…” cogitare ” autonomamente. Le mie solide certezze erano crollate, anzi implose!!!

Tornammo a casa con la mestizia nel cuore.

Ci trascinammo per qualche tempo in questa nuova condizione – fuori dal tempo e dallo spazio – cercando di conviverci, osteggiarla, accettarla… mentre Sara sembrava ogni giorno più il fantasma di se stessa.

Rimasi di tali convinzioni fin quando, per caso, mi accorsi che qualche filo in quella testolina era ancora collegato bene. Memoria? Logica? Intuito? Non saprei dirlo, ma funzionava. Era un giorno come un altro. Pioveva e sua sorella stava giocando online al computer. Per problemi di connessione, chiuse il programma e si dedicò ad altro finché la sua attenzione non venne richiamata dalla sorellina che le mostrò qualcosa che per noi fu una vera e propria rivelazione. Era riuscita a ritrovare lo stesso gioco e a ritornare allo stesso punto dove era arrivata sua sorella poco prima. Ciò dimostrava che quel fantasma era ancora vivo. Significava che, in qualche modo, era capace di capire e di interagire. Quel modo era ovviamente un modo tutto suo, ma era un modo.
Così capii che la ricerca più importante da quel momento non sarebbe più stata la ricerca di una diagnosi, bensì la ricerca di quel “modo”. Iniziò così una frenetica ricerca di nuove prospettive, nuovi punti di vista, metodi di apprendimento, di insegnamento, nuovi equilibri familiari e nuove strategie e stratagemmi (sopratutto!) per poter applicare il tutto. Fissammo dei macro obiettivi (ma non i tempi), da raggiungere attraverso infiniti e molteplici micro obiettivi e navigammo a vista correggendo la rotta di volta in volta. Capito il modo di procedere, fu il momento di declinarlo a tutti gli aspetti della routine quotidiana: così, grazie a una sinergia tra famiglia, scuola, medici, terapisti, allenatori, etc. abbiamo trovato la giusta strada. Strada che ha portato Sara a raggiungere un’autonomia quasi totale.
Sembra incredibile, ma in 9 anni sono cambiate tante cose e tante volte. Non so se questo risultato sarà duraturo e non so nemmeno cosa veramente abbia fatto la differenza nel miglioramento di Sara, so soltanto che, aldilà dell’obiettivo, la differenza l’ha fatta il modo in cui l’abbiamo raggiunto. Il non arrendersi all’evidenza della diagnosi, la ricerca di nuove prospettive ha creato delle possibilità!
Ricerca non è solo diagnosi o farmaco, ricerca è una condizione.

Katia